Il cambio d’uso non è un obbligo ma una eventuale concessione eccezionale – di Stefano Boato

Ca' Farsetti

 

CAMBI D’USO   Nella normativa vigente

 

L’art. 25.1 delle NTA vieta il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari di superficie utile inferiore a mq 120, anche delle unità immobiliari abitative che attualmente risultano non occupate o sfitte alla data del 31 dicembre 2000, (purché queste risultino accatastate come abitazioni o che tale destinazione risulti da altra documentazione ufficiale come licenze, autorizzazioni, abilitazioni ecc.).

Questa norma era stata inserita per evitare la richiesta di accorpamenti immobiliari e successivamente la richiesta di cambi d’uso da residenza ad attrezzatura ricettive, aggirando in tal modo il limite dei 120 mq.

In conclusione non è possibile trasformare l’uso abitativo di una unità immobiliare di superficie inferiore ai 120 mq anche se questa risulta vuota, purché sia registrata e accatastata come abitazione alla data del 31 dicembre 2000.

Da quanto riportano i giornali (occorre verificare le deliberazioni in discussione) risulterebbe, che per le tre unità abitative interne ad un’unica unità edilizia, viene utilizzata la deroga prevista dall’art. 28.1 delle NTA perché attualmente sono vuote.

Se ciò fosse vero sarebbe un’interpretazione errata o solo una grande forzatura. In ogni caso l’art. 28.1 consente l’insediamento di un’unica utilizzazione compatibile con il tipo edilizio sull’intera unità edilizia e quindi il cambio degli usi abitativi in atto (intendendo anche in questo caso certificati da atti quali accatastamenti, autorizzazioni, abilitazioni ecce.) purché risulti che i 2/3 della superficie dell’unità edilizia sia utilizzata ad un’unica diversa utilizzazione da quella abitativa. Tanto è vero che il comma 2° dello stesso articolo 28.1 punto b) prevede che sia stipulata una convenzione con il Comune per la eventuale riallocazione degli utilizzatori delle abitazioni inserite nell’unità edilizia in altri congrui immobili.

La controversia riguarda proprio la parola “destinazione d’uso abitativa in atto”, ma non vi è dubbio che la norma sia chiara così come espressa all‘art. 25.1. L’Amministrazione comunale dà un’interpretazione tutta sua e a suo piacimento.

Così anche per l’art. 28.1 in atto non deve intendersi “attualmente” poiché il proprietario pur di raggiungere i suoi scopi potrebbe dare prima lo sfratto agli inquilini (o buonuscita) e una volta ottenuto non avere nemmeno l’obbligo di sistemare gli stessi in un congruo immobile.

Prima di trasformare la destinazione d’uso delle unità immobiliari ad uso residenziale è necessario verificar da quando non sono occupate e se gli eventuali inquilini sono stati sfrattati per raggiungere lo scopo di trasformare tutta l’unità edilizia in albergo.

 

Allego l’art. 25.1 e l’art. 28.1 delle NTA della Città antica.

 

NTA Città Antica

 

21.5- Sono inoltre destinate esclusivamente ad abitazione, per ogni piano superiore a quello terreno, le unità immobiliari che abbiano destinazione d’ uso abitativa in atto, comprendendo anche le abitazioni vuote, ma certificate come abitazioni dalla documentazione ufficiale ( licenze, autorizzazioni, concessioni edilizie, altri titoli utilizzati per la realizzazione di interventi edilizi, certificato di abitabilità o agibilità, risultanze catastali), alla data del 31 dicembre 2000, e che a quella data abbiano una superficie utile < 120 mq., intendendosi la superficie misurata al netto di murature esterne, interne, specificando inoltre che la superficie delle scale interne e dell’ ascensore è computabile una sola volta, e per una sola volta, logge, balconi, cantine ed altri accessori simili per il 25% della loro superficie.”

 

21.8- Nelle unità edilizie ove almeno i 2/3 dell’unità edilizia interessata abbiano, alla data di adozione del presente strumento di pianificazione, un’unica utilizzazione, diversa da quella abitativa e definita compatibile, ovvero ove sia ammissibile il mutamento dell’utilizzazione di almeno i due terzi dell’unità edilizia interessata per adibirli ad un’unica utilizzazione non abitativa, può essere eccezionalmente concesso od autorizzato, su conforme parere della Commissione Scientifica e successiva deliberazione del Consiglio Comunale, il mutamento dell’utilizzazione in atto delle restanti parti dell’unità edilizia, per adibirle alla medesima predetta utilizzazione, purché ricorrano i seguentipresupposti:

  1. a) l’utilizzazione prevista delle restanti parti dell’unità edilizia sia compatibile; b) i soggetti interessati si impegnino con il Comune, mediante convenzione, a provvedere a propria cura e spese alla riallocazione degli utilizzatori delle parti dell’unità edilizia, che abbiano un’utilizzazione abitativa in atto e delle quali viene eccezionalmente concesso od autorizzato il mutamento dell’utilizzazione, in altri congrui immobili, siti nell’ambito della città storica di Venezia e che non abbiano un’effettiva utilizzazione abitativa in atto; c) siano date dai soggetti interessati idonee garanzie reali o finanziarie per l’adempimento degli obblighi assunti con la convenzione.”

 

QUINDI IL CAMBIO D’USO NON È UN OBBLIGO MA UNA EVENTUALE CONCESSIONE ECCEZIONALE CHE PUÒ ESSERE DATA (SE VE NE SONO TUTTE LE CONDIZIONI) MA PUÒ ANCHE ESSERE NEGATA DANDO UN PRIMO SEGNALE PER L’ INVERSIONE DELL’ESODO .

SE VI E’ EFFETTIVA VOLONTA’ POLITICA IN POCHI GIORNI PUO’ ESSERE RIADOTTATA, IN VARIANTE, LA NORMA PRECEDENTE VIGENTE FINO AL 1999 CHE TUTELAVA TUTTE UNITA’ CATALOGATE COME RESIDENZA.

            LA NORMA VA IN VIGORE, COME SALVAGUARDIA, DAL GIORNO STESSO DELLA SUA ADOZIONE.

Nella città storica vi sono moltissimi altri spazi disponibili (identificati, classificati, normati e quantificati fin dal 1990) per essere destinati ad altre attività terziarie (possibilmente non ricettive).

Ovviamente per bloccare l’esodo di abitanti (e attività) non basta impedire il cambio d’uso degli appartamenti rimasti. Occorre attivare delle forti politiche per rendere conveniente la residenza in città, altrimenti comunque il mercato continuerà a spingere verso l’esodo.

 

Stefano Boato già ass. all’urbanistica

(elaboratore con Luigi Scano delle norme revocate nel 1996 dall’ass. D’Agostino e cambiate con norme diventate vigenti nel 1999-2000).

 

P.S.  C’è un’altra questione non chiara ed è la realizzazione di un ristorante non solo al piano terra, come prescritto dalle norme della città antica, ma anche ai piani superiori di un edificio situato in strada Nuova ex negozio di articoli sportivi Andreatta.