Il mondo neofeudale di Donald Trump

Il mondo neofeudale di Donald Trump

Tra cinquant’anni, aprendo un manuale di storia economica, un lettore potrebbe ritrovarsi davanti un testo di questo tipo: “dopo il prospero e stabile periodo del secondo dopoguerra, grazie alle politiche keynesiane del Welfare State, e dopo il deludente periodo di globalizzazione planetaria, sostenuto e promosso sia dalla destra conservatrice di Thatcher e Reagan sia dalla sinistra riformista di Tony Blair e Bill Clinton, il nuovo modello economico nel quale oggi viviamo ha avuto il suo inizio con la presidenza americana di Donal Trump: questa nostra epoca è ormai conosciuta come neo-feudalesimo”.

Stiamo oggi sperimentando i primi segnali di questo radicale cambiamento storico. La presidenza americana di Trump sta mettendo a soqquadro ogni regola sinora conosciuta del capitalismo globale e della democrazia liberale. Al di là dei controversi giudizi che si possono esprimere sulla condotta di questo bizzarro tycoon e sulla natura degli interessi corporativi che lo sostengono, vi è un fatto incontrovertibile: la politica – una politica con la p minuscola – è tornata a dettare legge e a imporre le proprie volontà sui fatti economici.

A lungo, nei decenni scorsi, si è disquisito sulla constatazione che la politica fosse ormai totalmente succube alle esigenze del capitale e del mercato; questa subordinazione è stata cosi introiettata nell’azione dei governi che qualsiasi autonomia del politico sembrava ormai impossibile. Che si trattasse di differenziali nei tassi d’interesse o di limiti sul disavanzo pubblico, di tasso di inflazione obiettivo o di livello del debito nazionale, le decisioni politiche apparivano totalmente subordinate ai vincoli economici e finanziari.

Con un tratto di penna, Trump ha annullato prassi governative consolidate da decenni. Le decisioni dell’amministrazione americana sembrano non avere una direzione chiara e molte dichiarazioni appaiono essere estemporanee e ondivaghe: il livello di incertezza sui mercati finanziari è massima e gli stessi politici europei sono non solo disorientati ma frastornati di fronte a questo inedito moto, volitivo e imprevisto, da parte dell’alleato americano.

Ma sotto questo rumore di fondo si vanno affermando alcune radicali novità che non possono essere sottovalutate. Fine dello Stato regolatore, fine del laissez-faire, fine delle regole auree sulla tutela del clima degli affari; soppressione di alcuni meccanismi sovranazionali di cooperazione: dal clima alla salute, dalle politiche commerciali a quelle di sostegno allo sviluppo dei paesi più poveri.

Il potere sembra volersi prendere la rivincita nei confronti degli automatismi di mercato e rispetto alle strategie di superamento delle frontiere nazionali. Riemergono logiche di amico/nemico, non solo sul piano militare ma anche su quello commerciale ed economico.

Questo nuovo modello separa e divide in aree di influenza le diverse regioni del mondo; usa la tecnologia come strumento di controllo e di polizia; getta alle ortiche ogni preoccupazione sulla crisi ambientale, perché l’orizzonte a cui mira il potere o è locale o è ultraplanetario.

Per questo insieme di elementi, possiamo affermare che si va profilando una nuova organizzazione sociale che ha tutti i tratti di una struttura di tipo feudale. Un modello verticale di comando, dove le gerarchie sono prevalenti, dove la dimensione centro/periferia riemerge, dove lo spazio politico ed economico è diviso e segmentato, dove conta l’obbedienza al potente, dove la stabilità deriva dal potere e non dalla composizione degli interessi. Un mondo diverso, la cui evoluzione è oggi difficilmente descrivibile, ma nel quale la trilogia che ha disegnato la modernità – liberté, égalité, fraternité – sembrano attrezzi inservibili, ormai superati.

Se si affermano i feudatari, non ci sarà più spazio per i cittadini, ma solo per dei vassalli. Occorre esserne coscienti perché il cambiamento rischia di essere molto più radicale del

mero passaggio da un capitalismo finanziario a un capitalismo ipertecnologico. Del resto, un capitalismo feudale è di per sé un ossimoro. Ma è proprio quello che sta emergendo.

Studiare, capire, prevedere sono elementi indispensabili per ogni resistenza presente e futura.

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