Il casinò non si vende

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La Nuova Venezia, 17 maggio 2015
di Alberto Vitucci
In calce un commento all’articolo di Dario De Toffoli

A San Leonardo incontro con il gruppo di Molina e i dipendenti. Brugnaro: «No alla privatizzazione»


«No alla vendita del Casinò. Non è sul mercato e non si svende. La privatizzazione come era stata pensata era destinata a fallire. No anche alla sua statalizzazione. Occorre un piano di rilancio, pensato con tecnici ed esperti, con i lavoratori. Magari riunificando le sedi». Così ieri Felice Casson, candidato sindaco del centrosinistra a un folto pubblico di dipendenti e operatori della Casa da Gioco, convocati in sala San Leonardo da Jacopo Molina e dal suo gruppo che lo aveva sostenuto alle primarie. Molina sostiene Casson, e con ogni probabilità avrà un ruolo importante nel governo della città se il senatore dovesse vincere. Sui manager, Casson ha lanciato la proposta di «mandati brevi e a termine». Nei giorni scorsi altri confronti sul tema Casinò dei candidati sindaci. A cui Casson non aveva partecipato. Anche qui polemiche. «Ma non riusciamo da accontentare tutti», dice il candidato del centrosinistra. Luigi Brugnaro si schiera anch’egli contro la privatizzazione e per il rilancio dela Casa da Gioco. Nel 2012, da presidente di Unindustria Venezia, era favorevole. «Ma adesso le condizioni non ci sono più», dice, «non è più fattibile. La Casa da Gioco deve diventare un’azienda competitiva». Per Davide Scano (Movimento Cinquestelle) «occorre andare a cercare manager capaci, anche all’estero. Eliminre gli sprechi e rilanciare l’azienda, come si dovrà fare anche con altre partecipate». «In questi anni il Casinò è stato usato come un bancomat per coprire buchi di bilancio», è invece l’opinione di Francesca Zaccariotto, «bisogna cambiare rotta e trattare la Casa da Gioco come un’azienda importante, che può dare ricchezza e occupazione. Le responsabilità dei manager ci sono, ma non vanno disgiunte da quelle della politica». Secondo Giampietro Pizzo, economista e candidato di «Veneziacambia 2015» è necessario invece azzerare subito i vertici del Casinò e ripartire da capo. Per Gian Angelo Bellati, infine, occorre razionalizzare e ridurre la spesa nelle partecipate, a cominciare dai dirigenti. Una situazione difficile, quella della Casa da gioco veneziana, dopo anni di «vacche grasse» in cui garantiva al Comune anche 110 milioni di euro di incassi, coprendo in questo modo buona parte del bilancio e delle spese sociali. (a.v.)
Ma cosa significa per Casson riunificare le sedi del Casinò ? (di Dario De Toffoli)
Penso si riferisca alla mancata acquisizione qualche anno fa del palazzone alla ferrovia, che sarebbe stata – anche secondo me – una perfetta sede unica dove:
– la logistica sarebbe stata ottimale
– si sarebbero potuti sviluppare anche tutti quei servizi che oggi mancano
– la gestione sarebbe stata assai più economica
Purtroppo non si può tornare indietro e al momento non credo vi siano alternative altrettanto valide.
Certo così com’è Ca’ Noghera è inadeguata e bisognerà pensare a una nuova definitiva soluzione… non si può ragionare solo sull’emergenza attuale, ma ci vuole un vero piano industriale con prospettive sul lungo termine.
Questo discorso dell’unificazione è echeggiato più volte e va assolutamente considerato ed esplorato come una delle possibilità.
Certo non nel senso di quanto riportato dalla Zitelli che volendo dire qualcosa (ma non avendo idea di cosa dire) ha suggerito la possibilità di tenere solo Ca’ Vendramin… il che sarebbe peggio che suicidarsi; è stata comunque subito smentita dallo stesso Casson.
Ca’ Vendramin potrebbe forse – se si riuscissero ad attirare vere “balene” – trasformarsi in una sorta di privè di lusso per la clientela internazionale più agiata. Il problema di fondo è che da una parte abbiamo perso i migliori clienti perché la struttura non è adeguata verso l’alto (tipo Montecarlo) e dall’altra non offriamo sufficiente attrattiva ed entertainment per la clientela normale (tipo Nova Gorica).
Insomma bisognerebbe mettersi qualche mese seriamente a studiare le dinamiche del mercato e il loro divenire e mettere a punto un vero piano industriale con una visione ampia, non limitarsi ad applicare a caso qualche cerottino che lascia il tempo che trova. (Dario De Toffoli, Venezia Cambia 2015)